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Il dialogo come strumento di liberazione

 

Il dialogo come strumento di liberazione

Quando una persona parla si ha sempre una o più persone che l'ascoltano. Il modo in cui la persona parla scaturisce la risposta di chi lo ascolta, chi ascolta spesso è interessato e accoglie le parole dell'oratore come vere. Tuttavia non sempre è così e questo lo sappiamo bene soprattutto nei nostri giorni di pandemia in cui chi ascolta è dubbioso e deluso.
Io direi di citare subito Paulo Freire (1921-1997) che propose un dialogo e ascolto quanto 'coscienza sociale'.
Oggigiorno abbiamo modelli da copiare per semplificare, (ho scritto copiare e non prendere a modello) l'apprendimento ma questo non ci permette di ben ragionare come insegnava il professor Gabelli (1830-1891) tant'è che la comunicazione verticale cioè senza dialogo toglie l'immaginazione e una prospettiva diversa di vedere e sentire emozionalmente la vita con le sue sfaccettature ma anche con le innovazioni tecnologiche politiche sanitarie ecc che ci sono nell'attuale società.
Quindi non può esserci un dialogo se non c'è ascolto, so che stai pensando al fatto che si parla anche da soli, ma chiediti se ti ascolti e come lo fai.
Dovremmo vedere l'ascolto sotto un punto di vista umano e sociale, considerando 'l'essere in ascolto' come un ''cercare' l'altro''. Porre attenzione verso chi parla ne deduce l'interesse. Il termine interesse deriva dal latino e significa ''essere in mezzo'' ''partecipare''.
Ma ciò che conta è anche come noi cerchiamo l'altro, come ascoltiamo, con quali sensi ascoltiamo.
Diciamo pure che anche leggere ha intrinseco l'ascolto!
Le parole hanno un loro preciso significato talvolta delle risposte. Nei comizi nelle rappresentanze nelle riunioni all'università o nella scuola in generale molti oratori si mettono in primo piano talvolta hanno incarichi di responsabilità che li portano a preparare il confronto con l'ascoltante ergo usano parole d'impatto emotivo rivoluzionario, come scrivo in La scelleratezza della folla, creano il problema e se esistente lo ridondano per poi dare la soluzione un po' come dire ''assaltate la bastiglia e salviamo il popolo'' un popolo spesso manipolato ma soprattutto corrotto. Torniamo al ''dialogo''...  facciamo un altro esempio, in un centro di lettura meditativa si usano parole di riscossa seppur di respiro leggero che inducono una risposta per così dire 'dormiente'.
Fin da bimbi siamo degli strateghi per imporci e attirare attenzione su di noi e farci ascoltare, usiamo il pianto, le grida, usiamo parole come ''mamma e papà'' li guardiamo in modo speranzoso per ottenere la cosa desiderata: il loro ascolto. Oppure lo chiediamo con un gesto un sorriso e poi, così piccoli e già dittatori o persuasori veniamo ascoltati.
Cresciamo e continuiamo su questa strada aggiungendo descrizioni del paesaggio cartelli e abbellimenti di ogni genere tutto ben progettato e ancora strateghi attiriamo attenzione per essere ascoltati.
Nei miei studi di pedagogia ho a cuore un autore, già sopracitato e quando si tratta di parlare di dialogo socializzante non posso non ricordarlo, lui è Paulo Fraire che con La pedagogia degli oppressi ha rivoluzionato il metodo di studio per gli adulti in quanto essendo condizionati dal legame politico-sociale-conservatorista avevano scarso rendimento se veniva loro usato il metodo dei bambini. (Mi pare logico!)
Lui si rivolge agli adulti rendendoli coscienti di essere degli oppressi e di non farli a loro volta diventare degli oppressori
Nella scuola  il segnale di liberazione iniziava dal rapporto insegnante scolaro eliminando la pedagogia autoritaria, secondo Freire attraverso il dialogo gli attori collaborativi  entrano in una relazione paritetica <<in cui la fiducia di un polo verso l'altro è conseguenza ovvia>>. Attraverso il dialogo si crea il legame <<educatore-educando con educando-educatore>> con la liberazione di entrambi. 
Non solo quindi saper leggere scrivere e far di conto ergo nozionismo ma <<coscientizzazione>>.

Il dialogo può essere dirompente a tal punto da rompere il ''muro del silenzio'' per dare spazio alla coscienza critica.
Quando ci relazioniamo in famiglia oppure a scuola sul posto di lavoro nelle associazioni ecc ci sono piccole rivoluzioni e sono per l'appunto rivoluzioni di idee!
Ancora oggi nella pedagogia ci sono diversi filoni educativi tra cui l'addestramento e l'educazione critica. Il primo approccio cioè l'addestramento nuoce alla salute psicofisica delle persone in qualsiasi tribù di appartenenza perché non sono partecipi alla vita propria ne sociale attivamente, non si riconoscono nei ruoli perché cresciuti ricevendo ordini e rispondendo con un Si oppure un NO. Mentre l'educazione al dialogo rende creatori e artefici della propria vita.
Può essere difficile aprire un dialogo creativo talvolta impossibile, spesso le persone sono diffidenti e nemiche.
Nel dialogo troviamo le idee e conseguentemente cultura e tradizioni della tribù di appartenenza. Da molti anni con la globalizzazione abbiamo inserito parole non italiane nel nostro codice verbale alcune sono sul dizionario italiano, come studiosa di psicologia transpersonale non condivido l'intrusione di lingue straniere piuttosto meglio mantenere il dialetto conoscendo chiaramente un corretto e fluente italiano.
Il dialogo deve avvicinare le persone rendendole partecipi e non deve alienarle. Abbiamo nel linguaggio internet o per meglio dire, virtuale, con molte parole in lingua inglese ma questo non deve incidere e dare una sensazione di dicotomia tra realtà e virtuale, la quale il virtuale resta un mezzo di comunicazione, di dialogo amicale lavorativo e rivoluzionario. Mantenere viva la propria lingua di appartenenza e il dialetto è ancora più significativo e incisivo per meglio comprendere il simbolo di ogni civiltà.
La tecnologia, dicono, usa le immagini come espressione dialogante, ma nell'editoria questa è una cosa comune già dagli anni 1950 in quanto l'immagine valeva più della parola come a rimarcare un 'fatto'' visibile. Non è così, l'immagine può essere creata come il dialogo che contestualizzato ha un suo valore e significato.
Inoltre il dialogo narra un evento reale quindi potrebbe non essere capito subito ma richiede tempo e ulteriori delucidazioni.
Per esempio il professore Galimberti ci insegna che riusciamo a comprende l'altro, ciò che manifesta, attraverso il dialogo per la 'simbolica della sua cultura' come dico io e i miei sostenitori ''conosciamo le idee della tribù di appartenenza e il loro esplicitarsi''.
Il professore sottolinea l'importanza del dialogo del suo necessario palesarsi e come Eraclito lo definisce <<Il logos come guerra>> <<Il dialogo è guerra>> perché racchiude l'armonia degli opposti.
Dialogo dal latino <conversare, discorrere> composto da 'dia'= attraverso e da 'logos'=discorso, indicante il confronto verbale. Aggiunge che dovremmo, ma ciò già avviene a mio avviso automaticamente, lasciarsi modificare mettendo in gioco la nostra simbolica e lasciarla contaminare dalla simbolica altrui.
Significa che Socrate e Platone sono ancora esistenti nella nostra simbolica, insegnavano ad accogliere i pareri dell'altro liberandoci così dall'isolamento del nostro assolutismo rendendo i rapporti, le relazioni umane più rilassanti.

Se consideriamo il filosofo Socrate citato da Galimberti sappiamo che il dialogo lo introdusse Socrate nel V sec. a.C. ad Atene città della Grecia, ed influenza ancora la nostra cultura globalizzante.
Il suo era non un metodo ma piuttosto uno stile di vita. Trascorreva le giornate a parlare con la gente che incontrava riconoscendo la sua ignoranza, egli non sapeva tuttavia entrava nei meandri coscienziali dell'interlocutore facendolo a sua volta arricchire nelle riflessioni e nei punti di vista. Egli domandava, domandava e come una levatrice (arte maieutica) che aiuta una mamma a far nascere una figlia o figlio Socrate aiutava le persone con un pizzico di ironia a partorire il sapere appropriato e motivava ad analizzare i pensieri e le credenze.
Il dialogo socratico può essere di supporto alle persone in stato di barcollamento in richiesta di aiuto, cioè in uno stato momentaneo di bisogno di essere ascoltati e consigliati. Con il metodo della maieutica si possono raggiungere ottimi risultati di rivalutazione interiore coscienziale meditativa rivolta al Bene laddove è possibile verificare le verità e le credenze.

Dialogo Rispettoso
In un dialogo che si rispetti gli argomenti hanno una loro regolarità e i soggetti che intervengono sanno rispettare e ascoltare anche i momenti di pausa in cui il silenzio diventa riflessione e comunicazione.
I dialoghi negativi con persone importanti della propria vita possono distinguersi come segue:
- il dialogo in cui si deve necessariamente trovare una conclusione un chiarimento
- il discorso rimandato, cioè parlarne in un altro momento

La Catasterizzazione Atavica e Campo Quantico

La comunicazione ragionevole
Per il dialogo professionale è meglio usare il metodo socratico in cui l'interlocutore può approfondire le sue capacità e avvantaggiarsi di verità possedute.
Sciogliere quindi la diffidenza, il sospetto verso l'altro e vivere una comunicazione affettiva apportatrice di soddisfazione e rilassamento.
Il modo di comunicare è molto vasto ergo, opportuno ricercare la ''comunicazione armoniosa e costruttiva''.

Modo positivo
I dialoganti creano la ''comunicazione armoniosa e costruttiva'' con momenti di silenzio che servono per l'assimilazione e comprensione dei concetti.

Un buon dialogo è apportatore di buon umore e accordi positivi. Imparare a comunicare si può attraverso metodi più o meno conosciuti così pure è di supporto il proprio intuito e sensibilità...

 

 

Fonte
. P.Vittoria
. Freire
. Galimberti
. Socrate   

(Riproposta 2021)

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